Finalmente disponibile il romanzo di World of Warcraft “Vol’jin: Gli Spettri dell’Orda”

Gli Spettri dell'Orda
di Blizzard Entertainment il July 4th alle 9:01am

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Gli assassini ingaggiati dal Capoguerra Garrosh Malogrido colpiscono Vol'jin, riducendolo in fin di vita. Ma il destino sorride al Lanciascura ferito grazie all'intervento del Mastro Birraio Chen Triplo Malto, che lo porta al sicuro in un isolato monastero di montagna. Lassù, Vol'jin si trova alle prese con i vecchi rancori tra Orda e Alleanza che ancora covano sotto le ceneri, mentre cerca di guarire insieme a un misterioso soldato Umano.

Eppure, Vol'jin è solo all'inizio della sua avventura. Presto si ritrova coinvolto nell'invasione di Pandaria a opera degli Zandalari, nobili Troll guidati da sogni di conquista e di potere. L'antica tribù offre a Vol'jin la possibilità di raggiungere quella gloria che è diritto di nascita di ogni Troll... un'offerta resa sicuramente più allettante dall'infame tradimento di Garrosh.

Mentre affronta tali eventi, Vol'jin continua ad avere delle intense visioni che raccontano la grande storia della sua razza. Quando si chiede a chi debba la sua fedeltà, il Troll sa che la difficile decisione riguarda non solo il suo destino, ma la salvezza o la sofferenza della sua gente sotto il comando di Garrosh.

Leggi il primo estratto, e qualora ti servisse più troll, eccone un altro!

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Vol’jin per un attimo trovò strano muoversi furtivamente lungo una strada acciottolata con dei Monaci Pandaren disposti a ventaglio davanti a sé su entrambi i lati e un Umano accanto. Tutto ciò che aveva conosciuto nella vita non l’aveva certo preparato a quel momento. Era braccato e sofferente, senza casa e creduto morto da molti, eppure si sentiva profondamente vivo.

Guardò Tyrathan. “Prima dovremmo mirare ai cchiù alti.”

“Qualche motivo in particolare?”

“Sono obiettivi cchiù grandi.”

L’Umano sorrise. “E scendo di nove centimetri, allora.”

“Sai già che nun ti starò ad aspettare.”

“Basta che uccidi quello che mi ucciderà.” Tyrathan gli lanciò un saluto e tagliò verso est, seguendo i Monaci blu che si muovevano nel villaggio.

Vol’jin continuò dritto mentre i Monaci rossi scortavano i Pandaren tra le ombre e le porte. Avevano già visto dei Troll e, visto il modo in cui si ritraevano da lui, dovevano essere entrati nei loro incubi peggiori. Anche se sapevano che era lì per aiutarli, non potevano fare a meno di aver paura.

A Vol’jin fece piacere. Si rese conto che non li voleva controllare con la paura, come facevano gli Zandalari, né voleva essere temuto per farsi obbedire. Gli piaceva fare paura perché se l’era guadagnata, quella paura: era un Cacciatore dell’Ombra, un assassino di Umani, Troll e Zandalari. Aveva liberato la sua casa e guidato la sua tribù. Aveva consigliato il Capoguerra dell’Orda.

Garrosh teneva tanta paura di me da farmi accidere.

Per un attimo, Vol’jin prese in considerazione l’ipotesi di dirigersi verso la costa, dove stavano arrivando le scialuppe degli Zandalari, e rivelare la sua identità. Aveva già combattuto contro di loro in passato, ma dubitava che la sua presenza li avrebbe sorpresi. Peggio ancora: se l’avesse fatto, li avrebbe avvertiti del fatto che la loro conoscenza del nemico era pericolosamente scarsa.

Una parte di lui riconobbe che in passato si sarebbe comportato così. Proprio come quando si era scontrato con Garrosh e l’aveva minacciato portando i Lanciascura fuori da Orgrimmar, avrebbe tuonato il suo nome e sfidato chiunque ad affrontarlo. Avrebbe fatto loro sapere che non aveva paure, ispirando un profondo timore nel loro cuore.

Incoccò una freccia. Di chisto tiene bisogno il core loro. Caricò il colpo e tirò. La freccia, con la punta spinata e affilata per lacerare la carne, disegnò il suo arco. L’obiettivo, un Troll curvo a prua, stava aspettando che la chiglia raschiasse la sabbia prima di saltare fuori dalla barca, ma non raggiunse mai la spiaggia. La freccia volò dritta verso di lui, come un fulmine. Lo colpì alla spalla, nella parte posteriore della clavicola, poi lo attraversò in direzione parallela alla spina dorsale, infilandosi a fondo nel suo corpo.

Il Troll cadde e si schiantò contro il parapetto, rovesciandosi fuori bordo. I piedi furono l’ultima parte del suo corpo che affondò. La barca, sbilanciata, beccheggiò a dritta per poi raddrizzarsi di nuovo.

Giusto in tempo per l’arrivo della seconda freccia di Vol’jin, scoccata contro il Troll al timone.

Poi Vol’jin indietreggiò e si allontanò. Per quanto gli sarebbe piaciuto guardare le espressioni dei soldati confusi sulla barca instabile, quel lusso sarebbe potuto costargli la vita. Quattro frecce si erano già infilate nel muro contro cui era appoggiato, altre due erano saettate sopra di lui.

Vol’jin si ritrasse nelle rovine della costruzione accanto. Quando arrivò, vide un Monaco che aiutava un Pandaren con una spalla rotta a uscire da sotto le macerie. Più in là nella baia, mentre l’ultima barca approdava, una freccia colpì il timoniere all’orecchio, facendolo girare su se stesso e cadere fuori bordo.

La barca principale giunse a terra. Alcuni Zandalari corsero a ripararsi. Altri capovolsero la barca e la usarono come scudo, rannicchiandosi dietro. Le due barche al centro si muovevano convulsamente. Un’anima coraggiosa prese il timone dell’ultima, ma una freccia la trafisse all’altezza del fegato. Si sedette, ma continuò a tenere una mano sul timone, finché la barca non giunse a riva sospinta dai remi degli altri Troll.

Il Troll che stava comandando l’invasione da una nave ancora più lontana in mare si sbracciò furiosamente. Le navi ferme nel porto rinnovarono il loro assalto con le macchine d’assedio. Nuove pietre cominciarono a cadere sulla spiaggia in grandi sbuffi di sabbia. Vol’jin pensò che dei sassi mezzi sepolti dalla sabbia fossero uno spreco di risorse, ma poi vide uno degli Zandalari correre e nascondersi dietro a esso.

E poi arrivò un’altra pietra, e un’altra ancora.

Così il gioco era iniziato. Mentre gli Zandalari avanzavano, Vol’jin si spostava sul lato e tirava. Gli osservatori a bordo delle navi spostarono allora le macchine d’assedio, mirando verso il suo nascondiglio e mandandolo in frantumi. Verso est facevano lo stesso con i nascondigli di Tyrathan, anche se Vol’jin non capiva come potessero individuarlo, dato che nemmeno lui ci riusciva.

Ogni ondata di pietre spingeva Vol’jin più indietro e faceva avanzare i Troll. Le navi scaricarono altre barche. Alcuni degli Zandalari si spogliarono addirittura dalle proprie armature e attraversarono la baia a nuoto, con gli archi e le frecce avvolti stretti nelle cerate. Le navi erano disposte ad arco intorno al centro di Zouchin e le truppe si dirigevano a terra per occuparla.

Il Cacciatore dell’Ombra fece valere ogni singola freccia, ma non uccise con ogni colpo. Le armature smussavano i colpi, alcuni bersagli lasciavano sguarnito solo lo scorcio di un piede, oppure vedeva solo una porzione di pelle azzurra attraverso un groviglio di legni caduti. I conti erano presto fatti: per ogni freccia che possedeva, le navi avevano una decina di pietre da scagliare e la metà dei soldati da scaricare.

Così Vol’jin si ritirò. Lungo la strada trovò un solo cadavere amico, una Pandaren che era stata trapassata da due frecce. Guardando le tracce che portavano verso sud, Vol’jin capì che aveva fatto da scudo a due cuccioli con il suo corpo.

Quindi seguì quelle tracce, che portavano indietro al villaggio. Proprio quando queste finivano in uno spazio aperto, dietro una casa crollata sui pali scheggiati, Vol’jin sentì dei passi. Si voltò di scatto e vide un guerriero Zandalari. Vol’jin fece per prendere una freccia dalla schiena, ma il suo nemico tirò per primo.

La freccia lo colpì al fianco e lo trapassò fino alla schiena. Un dolore insopportabile gli pulsò tra le costole, facendolo barcollare. Vol’jin cadde in ginocchio e prese le sue lame da guerra mentre il guerriero incoccava un’altra freccia.

Lo Zandalari sorrise in trionfo, mostrando i denti orgoglioso.

Un istante dopo, la punta di una freccia comparve tra quei denti. Per alcuni secondi sembrò come se il Troll fosse sul punto di vomitare. Poi gli occhi s’infossarono nel cranio e cadde all’indietro.

Vol’jin si voltò lentamente, seguendo con lo sguardo la traiettoria della freccia; fece giusto in tempo a vedere l’erba alta richiudersi presso la cresta della collina. Pigliata pure la lingua. Nove centimetri. E dovevo essere io ad accidere chello che lo accideva...

La polvere si posò lentamente sul Troll agonizzante. Vol’jin allungò le mani dietro la schiena per spezzare la punta della freccia, poi estrasse l’asta dal proprio petto. Sorrise guardando la ferita che si richiudeva, poi prese la faretra del Troll e continuò la sua ritirata.